Famiglia
Nodari

• Albero Famiglia Nodari

Castiglione delle Stiviere 1600 - 1780
•† Francesco Nodari (1690 ca)
•† Bernardino Nodari (1719 - 1782)
• Francesco Nodari (1760 - 1823)

Francesco Nodari e Maddalena Fetronilla di Castiglione delle Stiviere ebbero almeno 4 figli maschi come risulta dal Registro dello stato delle Anime del Duomo di Castiglione negli anni dal 1745 al 1788. Dove si nomina il loro figlio Bernardino fratello di Paolo, Vigilio e Luigi.
Dal Libro dei Battesimi del Duomo di Castiglione delle Stiviere, il giorno 29 Gennaio 1719, nasce Bernardino Nodari. Il suo Atto di battesimo recita ”Bernardino figlio di M(ast)ro Fran(ces)co Nodari e di Mad(dale)na Fetronilla sua legitima Cons(ort)e è stato battezzato da me Stanislao Bresciani Mans(ionar)io fu Compadre (...) Gio(vanni) Giacomo Bignotto naq(ue) li 29 d(ett)o”. Il termine Mastro era usato per identificare un Maestro in qualche attività prevalentemente artigiana.
Bernadino a 20 anni, il 25 Novembre 1739 si sposa con Antonia Beschi, ebbero almeno 6 figli, il nostro progenitore Francesco Nodari nasce a Castiglione delle Stiviere il giorno 11 Maggio 1760.

Castiglione, fu oggetto di invasioni barbariche e longobarde. Per la sua posizione geografica fu conteso nel periodo delle Signorie, fra Gonzaga, Visconti e Scaligeri, fino al 1511, quando entrò a far parte del Marchesato di Castel Goffredo, Castiglione e Solferino. Nel 1559 iniziò con il marchese Ferrante Gonzaga la sua storia di feudo autonomo. La città fu sede di due episodi della Guerra di Successione spagnola, rispettivamente nel 1702 e nel 1706, anno nel quale il Castello fortificato venne distrutto per mano delle truppe francesi. Nel 1773 Luigi III Gonzaga, rinunciò ad ogni diritto sovrano a favore dell’Austria. Il 5 agosto del 1796 fu teatro della Battaglia di Castiglione nella prima campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte.
Corte Gambaredolo - Castel Goffredo 1780 - 1850
† Francesco Nodari (muore nel 1823)
•† Giacinto Nodari (1793 - 1850)
• Luciano Nodari (1844 - 1895)

Francesco a 20 anni, il giorno di San Martino, 11 Novembre del 1780, si trasferisce a Gambaredolo nel comune di Castel Goffredo e nel 1782 si sposa con Maddalena Acerbi, evitando le consuete pubblicazioni, grazie ad una speciale Dispensa Vescovile rilasciata per motivi noti solo al Parroco ed al Vescovo e non specificati nella Dispensa stessa. Questa è l’interpretazione del testo della Dispensa: ”Attese le fedi prodotte innanzi noi sopra la soluzione, e battesimo rispettivamente degli infrascritti contraenti, e stante il di Lei attestato, col quale afferma d'aver preso il consenso separatamente de' medesimi, e l'assenso de' rispettivi parenti, ed essere essi istruiti ne' Dogmi di Santa fede e legge di Dio, e mentre a Lei, che l'nfrascritto Francesco dal S. Martino di novembre 1780 e l'infrascritta Maddalena dalla sua natività ambi successivamente, e rispettivamente fino in presente abbino abitato ed abitano sotto codesta sua non avendo l'uno presa moglie, nè l'altra tolto marito, nè alcuno d'essi contratto impegno di matrimonio, od impegno dirimente del che incarichiamo Lei, e non altrimenti; Vostra Signoria potrà assistere al matrimonio, che intendano contrarre assieme Francesco figliolo del fu Bernardino Nodari nativo di Castiglione delle Stiviere, e Maddalena figlia di Natale Acerbi nativa, ed ora ambi essi abitanti di codesta sua; omesse che siano le solite pubblicazioni , poichè sopra quelle per cause a noi note li dispensiamo, servando nel resto quanto la Santa Chiesa, e Sagro Concilio di Trento comandano, mentre a lei non osti altro in contrario, e per fine Iddio la prosperi.
Dal Vescovato di Mantova, 21 novembre 1782.”
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Francesco e Maddalena avranno 11 figli, il quinto dei quali, Giacinto Nodari è il nostro progenitore, nasce il 16 Febbraio 1793.
Giacinto si sposa il 24 Novembre 1812 con Maria Mazzucconi, ebbero 11 figli nell’arco di 16 anni, ma purtroppo solo 3 sopravvissero più di qualche mese. Maria muore nel 1830 e Giacinto dopo un paio di anni, Il 25 Ottobre 1831, si risposa con Giovanna Pizzi di Solarolo di Goito. Dal secondo matrimonio nascono 9 figli tra cui il mio trisnonno Luciano, nato a Gambaredolo il 17 Agosto 1844.
A Gambaredolo, il 21 Gennaio 1850 a 56 anni, Giacinto muore e lascia la moglie (in seconde nozze) Giovanna Pizzi con 7 dei 9 figli che ebbero insieme. Francesco primogenito aveva 18 anni e Catterina l’ultima nata, solo due anni. Luciano il mio trisnonno aveva 6 anni.

Nel 1796 Napoleone Bonaparte spinse gli austriaci oltre il Mincio e nel 1797 l'Austria cedette la Lombardia ai francesi. Il 13 maggio di quell'anno Castel Goffredo fu occupata dalle truppe francesi. Si susseguirono i governi austriaci nel 1799, francesi dal 1801 al 1814 e di nuovo austriaci sino al 1866. Negli anni del 1848 Castel Goffredo fu il centro cospirativo antiaustriaco dell'Alto Mantovano e contò la presenza di numerosi patrioti, capeggiati dal castellano Giovanni Acerbi, che diventerà in seguito intendente dei Mille di Garibaldi. La congiura venne scoperta e portò come conseguenza la tragica pagina dei Martiri di Belfiore.
La Corte di Gambaredolo, tra Castel Goffredo e Ceresara, è una fattoria del primo Rinascimento, che suggerisce l'idea dei centri di vita curtense medievali. Nella seconda metà del Cinquecento era luogo di villeggiatura del ramo della famiglia Gonzaga che aveva il dominio su Castel Goffredo e dove nel maggio del 1592 fu barbaramente ucciso Alfonso Gonzaga.
Nel 1852 i fratelli Nodari, figli di Francesco, ereditano Gambaredolo grazie ad un legato fatto dalla cugina Antonia Ferretti Pilotti, figlia di Oliva, sorella di Francesco. Nel tardo 900 era ancora di proprietà della famiglia Nodari, senz'altro un ramo dei discendenti di Francesco.
Medole 1850 - 1870

Dopo la morte di Giacinto, Giovanna si trasferì con i suoi figli, o una parte di loro, a Medole dove il figlio Costantino risulta negli atti di pubblicazione del proprio matrimonio come Oste e Prestinaio (fornaio, panettiere), attività che forse coinvolgeva tutti i fratelli Nodari. Luciano risulta nei registri di Leva nel 1864 residente a Medole e nel Gennaio del 1865 viene arruolato nel 4° Reggimento Granatieri. Secondo il suo foglio matricolare, era Falegname, alto 1,74, capelli, sopracciglia e occhi castani, fronte e bocca media, naso ordinario, mento tondo, viso ovale e colorito naturale. Granatiere di 2° classe, per 11 anni in servizio provinciale. Ha fatto la Campagna di Guerra del 1866 contro gli Austriaci per l’indipendenza e l’unità d’Italia, partecipando alla battaglia di Custoza agli ordini del Principe Amedeo di Savoia. È stato autorizzato a fregiarsi della Medaglia istituita con Regio Decreto del 4 Marzo 1865 colla fascetta per la campagna del 1866. Dopo il congedo, nel 1875, già residente a Gazoldo, si sposa con la Medolese Caterina Salodini il cui fratello Fortunato, morì disgraziatamente, vittima civile di una fucilata francese, nella battaglia di Solferino e San Martino nel 1859 (cit. Sul crinale. La battaglia di Solferino e San Martino vissuta dagli Italiani si legge: De' Medolesi ne perirono tre: un Andrea Brigoni fabbro-ferrajo, settuagenario; un figlio di Giovanni Salodini, possidente e negoziante d'anni 18, ed un mugnajo.)
Probabilmente il primo dei fratelli Nodari ad arrivare a Gazoldo è Francesco, in quanto i suoi figli sono nati a Gazoldo negli anni dal 1865 al 1872, dove era sposato con Annunziata Longhini. Nel 1872 lo trovo nei ruoli della CCIAA come oste e pizzicagnolo, subentrato nella attività della Ditta Gerola e Tommasi Negozianti. Nel 1874 compare sempre nei ruoli della CCIAA insieme al fratello Giuseppe, nato dal primo matrimonio di Giacinto con Maria Mazzucconi, ma che mi risulta morto nel 1863.
Nel 1870 Muore Giovanna Pizzi a Medole, in contrada Ponte Mulino al civico 198. Presumibilmente, in seguito a questo evento, i fratelli: Giovanni, Maria Maddalena, Catterina e Luciano si trasferiscono a Gazoldo dal fratello maggiore Francesco.
Costantino che invece ha sposato nel 1867 una ragazza di Acquafredda, non segue i fratelli a Gazoldo, ne troviamo traccia nel 1876 a Sarginesco dove nasce il figlio Carlo ed infine nuovamente a Acquafredda nell'Annuario d'Italia del 1889 come Oste.

La battaglia di Medole. Il generale Niel, capì subito l'importanza strategica dell'abitato di Medole e decise di conquistarlo senza indugi. La strana presenza di un intero reggimento austriaco aveva allarmato l'esperto militare francese che comandò un immediato attacco. Erano le ore 3.50 del 24 giugno 1859 inizia di fatto la "battaglia di Solferino e San Martino", nella totale inconsapevolezza di Napoleone III, che dormiva ancora sonni tranquilli a Montichiari.
La battaglia di Custoza del 24 giugno 1866 diede inizio alla Terza guerra d’indipendenza che vide la sconfitta delle truppe italiane comandate dal generale La Marmora, di fronte alle truppe austriache dell'arciduca Alberto d'Asburgo. Il 4° Reggimento Granatieri, dove combatteva Luciano, insieme al 3° formava la Brigata Granatieri di Lombardia che con i Granatieri di Sardegna diedero splendide prove di valore. Ma il cedimento della parte sinistra del fronte dello schieramento italiano consentì agli Imperiali di concentrare le loro forze e verso le cinque pomeridiane la ritirata italiana divenne generale lungo tutta la linea di fuoco.
Gazoldo degli Ippoliti 1870 - 2010
† Luciano Nodari (muore nel 1895)
•† Arturo Nodari (1876 - 1959)
•† Guido Nodari (1903 - 1972)
•† Arturo Nodari (1933 - 2004)
• Marco Nodari (1960)
• Edoardo Nodari (1994)

Tra il 1875 e il 1878 si sposano a Gazoldo: Giovanni nel ’78 con Maddalena Saracca, Maria Maddalena nel ’76 con Eugenio Donelli e Catterina nel ‘75 con Stefano Longhini (probabilmente fratello della Annunziata moglie di Francesco). Luciano si sposa nel 1875 con una ragazza di Medole, Caterina Salodini e negli atti di Matrimonio, risulta già residente a Gazoldo. Negli stessi anni si aggiungono nei ruoli della cciaa anche Luciano il mio trisnonno e Giovanni. Quindi desumo che almeno 5 Fratelli Nodari figli di Giacinto e Giovanna Pizzi tra il 1874 e il 1876 fossero tutti residenti a Gazoldo, sulle orme del fratello più vecchio che arrivò nel 1865 o prima. In quegli anni la loro attività era di Oste e Pizzicagnolo.
Dal 1876 al 1881, Luciano insieme al fratello Giovanni, risulta nei ruoli della CCIAA e in diversi atti dello stato civile (nascita e morte di alcuni figli) come Acetaio (Fabbricante di Aceto). In altri atti successivi (esempio 1888, morte di un figlio di Giovanni) nuovamente come Pizzicagnolo (gestore del negozio o bottega che vende salumi, formaggi o altri generi alimentari). Presumo che in realtà la produzione di Aceto fosse contemporanea alla gestione del Negozio.
Luciano muore nel 1895 a 50 anni. Il figlio Arturo, mio bisnonno, si fa carico della Madre e nel 1900 si sposa a Gazoldo con Giuseppa Zanucchini, il cui padre Cireneo proviene da Gambara (BS), mentre la madre, Erina Spezie è Gazoldese da almeno 3 Generazioni (Antonio il padre, Carlo il nonno). Arturo e Giuseppa ebbero 6 figli: Luciano, Guido, Lidia, i gemellini Libera e Nestore ed infine Erina. Luciano sposò nel 1936 Dafne Giorgi, nipote del famoso pittore Antonio Ruggero Giorgi di San Benedetto. Mio nonno Guido si sposò con Maria Capella di Solferino nel 1927. Lidia sposò nel 1932 Cesare Negrisoli di Casaloldo. Libera nel 1937 sposò Aldo Attolini, leggi qui la loro storia. Nestore sposò nel 1939 Enrichetta Bice Mondini di Ceresara. Erina, di cagionevole salute, morì a soli 15 anni.
All’epoca del loro Matrimonio, la professione dichiarata da Arturo è Oste, gestiva l’Osteria La Pergola, per passare successivamente all’Albergo Italia, fino a 1915 quando lasciò la gestione dell'Albergo Italia alla moglie Giuseppa per dedicarsi completamente al vino.

Nel 1915 Arturo compera l’immobile del Vecchio Teatro in quella che oggi è Via Roma a Gazoldo, per trasformarlo in cantina e fonda la Casa Vinicola Nodari. I giovani figli Luciano e Guido iniziarono ad aiutarlo presto. • Clicca per alcune immagini •

Arturo aveva estro e inventiva, sapeva di disegno e meccanica, si teneva aggiornato su riviste e libri e sfruttò la sua conoscenza con Arturo Marescalchi, uno dei monumenti dell'enologia italiana, per costruire nel 1925 uno dei primi impianti semi automatici di imbottigliamento. Non solo, smise di vendere vino sfuso affidandosi solo ad un suo prodotto in bottiglia, etichettato con una Aquila di dannunziana memoria. Per il Lambrusco scelse invece come marchio una Stella Rossa. Nel 1927 si sposa il secondogenito, Guido con una ragazza di Solferino, Maria Capella, ebbero 4 figli, 3 femmine Ernestina, Maria Rosa e Giuseppina, ed il figlio Arturo Junior nato nel 1933. Nel 1934 viene a mancare la moglie Giuseppa e quindi l'attività di Oste si interruppe, per riprendere, come vedremo, nel 1985. Prima dell'inizio della guerra, Arturo imbottigliava tanti vini rinomati del Mantovano ma anche di altre zone Italiane, Il Lambrusco, il Trebbiano, il Corbinello dei Colli, ma anche i Recioti, Moscati e Malvasie e i vini del Garda. Quì trovate un catalogo degli anni '50.
Passata la guerra e non senza conseguenze (i tedeschi occuparono la Cantina trasformandola in officina e una parte della casa per i loro alloggi), l'attività riprendeva estendendosi a tutta l'Italia settentrionale, con l'aiuto dei figli Luciano, Guido e del giovane Nestore, che morì precocemente purtroppo nel 1948. Nel 1951 fu comprata una villa con terreno edificabile a Sirmione dove nel 1953 furono costruiti due capannoni per la pigiatura e trasformazione delle uve di Lugana, mentre a Gazoldo fu inaugurata una linea di imbottigliamento completamente automatica. Siamo alla soglia del boom economico, il miracolo Italiano, gli Italiani comperavano la Vespa e la Seicento, migliorava l'alimentazione e aumentava la richiesta di vini di qualità e speciali, il passaggio dai tradizionali vini frizzanti (Trebbiano e Lambrusco) a quelli spumanti, fu semplice e così nacque il Lugana Spumante, che fu riconosciuto dal Consorzio dei Vini Bresciani solo nel 1975. Proprio grazie alla tradizione dei Nodari, il territorio Mantovano fu ammesso nel disciplinare di produzione di questo grande vino.
In casa Nodari, come dappertutto, veniva il momento del dolore: nel 1958 moriva nonno Arturo, Funerali Arturo seguito nel 1963 dal figlio Luciano, morto senza lasciare eredi. L'azienda fu portata avanti dall'ultimo figlio Guido e dai nipoti Arturo Jn e i figli di Nestore: Bruno e Renzo. Senza la guida del nonno Arturo e dello zio Luciano, purtroppo i dissapori famigliari crebbero di anno in anno, portando alla separazione, non indolore, di Bruno e Renzo dalla famiglia e dalla attività. Spinti comunque dal successo sui mercati, anche esteri, Guido e Arturo nel 1970 decisero di ampliare l'attività a Gazoldo, costruendo su un terreno adiacente un altro capannone e installando una più moderna linea di imbottigliamento. Alla fine degli anni '60, Guido ebbe due gravi incidenti ed iniziò per Lui un calvario di ospedali e cure. Nel 1972 morì, lasciando la Cantina al figlio Arturo e alle figlie Tina, Giuseppina e Mariarosa.
Ma il mercato del vino cambiava rapidamente e i Nodari non furono così reattivi a recepire questi cambiamenti. I dissapori famigliari tra i cugini portarono ad un notevole dispendio di energie e denaro. Arturo cercò con tutte le sue forze di liquidare gli usufrutti e i vitalizi che gravavano sulla Cantina, e i cugini e le sue sorelle per poter avere il controllo completo della Azienda. Ci riuscì solo nel 1980 ma per farlo, si indebitò oltre misura. Era l'inizio della fine. I tassi di interesse in quel periodo erano altissimi e gli utili non sufficienti a ripagarli, quindi nel 1987 La Casa Vinicola Nodari chiuse i battenti con un mesto fallimento.

parzialmente e liberamente tratto da un articolo del giornalista Renzo Dall'Ara sulla rivista Il Vino
Nel 1866 la guerra tocca Gazoldo, che fu testimone di uno scontro tra uno squadrone di Lancieri Foggia ed uno di Ussari del Wurtemberg durante il ripiegamento dell’esercito italiano sulla linea del Mincio all’indomani della sfortunata battaglia di Custoza; lo scontro, avvenuto in pieno centro abitato si risolse con la vittoria dei cavalleggeri italiani e può considerarsi un contributo dato dalla cavalleria italiana all’annessione di Mantova e del Veneto all’Italia.
Dopo l’unità il paese continuò la sua attività basata prevalentemente sull’agricoltura, furono apportate migliorie all’abitato con la creazione di una nuova piazza e di un nuovo cimitero. Particolare attenzione fu posta all’istruzione con l’ammodernamento delle scuole. Gazoldo diede ancora il suo contributo di vite nella guerra 1915 – 1918 e rivive nelle carte del Comune anche questo periodo di sacrifici, per ricordare i caduti gazoldesi fu proposta l’erezione di un asilo per l’infanzia ad essi dedicato con il contributo dell’intera popolazione. Nel 1925 fu lo stesso re Vittorio Emanuele III ad inaugurare il monumento ai caduti eretto sulla piazza del paese e a visitare l’Istituto Orfani di guerra.
Negli anni tra le due guerre mondiali, a Gazoldo l’economia dominante era, ancora l’agricoltura. C’erano i vari artigiani con le loro botteghe, e gli osti che gestivano le numerose osterie, punto di ritrovo insostituibile, per tutti gli uomini del paese. Infatti, all’epoca le donne non frequentavano in genere i luoghi pubblici ed erano solitamente assenti dalla vita politica. Molto presenti ed insostituibili invece nelle attività di volontariato negli enti di sostegno ai più bisognosi. L’unica piccola attività industriale era quella di Arturo Nodari, ma non in grado di dar lavoro a più di 40, 50 persone.
Il gioco che coinvolgeva l’intero paese era quello del tamburello. Nel 1939 la squadra del paese, capitanata da Gino Sereni vinse il campionato nazionale di categoria. Giocavano nel così detto Prato della Fiera, posizionato in fondo a quella che ora è via Albertoni. Anche Luciano Nodari era un grande appassionato ed un buon giocatore, come testimonia questo articolo sulla Gazzetta di Mantova del 1919.
Una delle attrattive che esercitava Gazoldo presso i paesi vicini era il Mercato del Lunedì. Veniva molta gente, non solo per le cose minute, ma anche per negoziare il bestiame, il fieno e i piccoli animali da cortile.
Nei paesi come Gazoldo, la guerra non era per i civili, così difficile come nelle città. A Mantova il segnale di allarme aereo suonava quasi ogni notte, a Gazoldo no. C’era sì l’obbligo di oscuramento per evitare di diventare, se luminosi, un possibile bersaglio aereo e Gazoldo già poco illuminata, fu di fatto accecata. Questa situazione un po’ più confortevole rese il Paese meta di sfollati, soprattutto bambini che venivano portati in queste zone un po’ più sicure.
Facendo un passo indietro, nel 1958 Arturo Junior, conobbe durante una vendemmia sul lago di Garda, la futura moglie Vera Avanzi di Manerba, l'anno successivo si sposarono • Album di Nozze • e nel 1960 nacque il loro primogenito Marco, seguito a breve da Massimo, vivevano a Sirmione nella villa delle Cantine Nodari insieme alla famiglia di Arturo, ma dopo un paio di anni si trasferirono a Gazoldo. Il matrimonio tra Arturo e Vera fu abbastanza tumultuoso e nel 1966 si separarono. Vera andò a vivere a Brescia insieme ai suoi due figli ma dopo 3 anni si riconciliarono e Vera tornò a Gazoldo dove aiutò l’Azienda nell’ufficio amministrativo. Marco rimase a Brescia per completare la 5° elementare, vivendo in casa dei nonni Daria e Gianni. Nel 1971 nasce Alessandra. Nel 1972 muore il nonno Guido e Arturo rimane solo a gestire la Cantina con Vera e cura prevalentemente l’aspetto commerciale lasciando la produzione in mano al fidato cantiniere Gino Sereni. Purtroppo, Gino muore e Arturo lo sostituisce personalmente abbandonando quasi completamente il ramo commerciale. Solo nel 1978 il figlio Marco, appena presa la patente riprenderà a curare la clientela ma con molta inesperienza. Finite le scuole anche Massimo entra in azienda sulla linea di imbottigliamento. Oltre a Gino Sereni, molti altri dipendenti hanno contribuito alle fortune dell’Azienda, ne parleremo in un apposito scritto ma vogliamo subito ricordare una persona speciale Carolina Galeotti. Carolina iniziò a lavorare in ufficio con il fondatore, Arturo Senior nel 1946, quando aveva solo 13 anni, rimase fino alla chiusura dell'attività nel 1987. Vogliamo inserirla a forza nella storia della nostra famiglia, perché non era semplicemente un’impiegata, oltre a coprire le sue mansioni, aiutava concretamente con la sua passione e la sua umanità tutta la famiglia, una madre aggiunta per i 3 figli, una amica fidata per Vera e amica d’infanzia con Arturo di cui era coetanea.
Nel 1985 Vera ha una intuizione che salverà la famiglia dagli effetti del fallimento. Insieme ai figli Marco e Massimo, decide di aprire un Ristorante nelle sale dell’abitazione principale adiacente la Cantina e nel Maggio del 1985 inaugura Casa Nodari. I primi due anni, correva tra la cucina e l’ufficio della cantina e quando nel 1987 la cantina chiuse si dedicò completamente al Ristorante che nel frattempo aveva riscontrato un notevole successo, confermato dalla presenza del locale sulla famosa Guida Michelin con 2 forchette. Chi l’aiutava in Cucina? Carolina ovviamente, e lo fece fino alla morte di Vera, per poi continuare ad aiutare Alessandra che aveva ereditato le capacità culinarie della mamma. In tutto Carolina lavorò con la famiglia Nodari per ben 60 anni.
Chiusa la Cantina, Arturo cominciò a collaborare con la cantina della famiglia Avanzi, con la sua esperienza poteva ricoprire tanti ruoli diversi, dove più era necessario, continuò a vivere a Gazoldo ed ogni giorno quindi guidava fino a Manerba. Marco nel 1987 decide di abbandonare il Ristorante per trasferirsi in Inghilterra dove rimarrà fino al 1992. Massimo continuò il suo lavoro in Sala mentre la giovane Alessandra imparava i segreti della cucina dalla Mamma. Arturo colpito da un ictus, muore dopo 2 anni di sofferenza il 9 Giugno 2004 Funerali Arturo seguito nel Marzo 2006 da Vera.
Nel dopoguerra la vita continuò con nuove speranze, i giovani ripresero a studiare, ma per arrivare a Mantova, dovevano andare in bicicletta fino alle Grazie dove prendevano il Tram per arrivare in tempo a scuola. Il Macello diventò un abbozzo di salumificio industriale grazie al Sig. Marsiletti. I giovani della classe 1929-30-31 potevano iniziare a togliersi quelle piccole soddisfazioni che solo la fine della guerra poteva permettere, gite fuori porta, piccole vacanze in gruppo, pochi soldi ma tanta amicizia, finché negli anni 60, il benessere economico raggiunge buona parte della popolazione: elettrodomestici, Automobili, televisione, divengono piano piano oggetti di uso quotidiano per molte famiglie. Il Macello passò di mano in mano fino a diventare la IAG (Industria Alimentare Gazoldo). I Fratelli Federici iniziarono la lavorazione industriale della Naftalina e un giovane intraprendente, aprì una officina per produrre profili in ferro, dando vita a quello che oggi è un vero impero industriale: Steno Marcegaglia. Queste nuove industrie portarono a Gazoldo i benefici del boom economico e il paese assunse piano piano l’aspetto e le caratteristiche che oggi lo contraddistinguono.

liberamente tratto dai racconti di Giovanni Volta e Italo Portioli sul libro Gazoldo degli Ippoliti moderna e contemporanea edito da Edizioni Postumia.
prima cella seconda cella
terza cella quarta cella
quinta cella sesta cella

Registro delle Anime del Duomo di Castiglione Registro dei Battesimi del Duomo di Castiglione Gambaredolo nel 2009 Gambaredolo nel 2009 Dispensa Vescovile Battaglia di Medole 1859 La battaglia di Custoza del 24 giugno 1866 Dichiarazione di Vittorio Emanuele II per la 3a guerra di indipendenza Re Vittorio Emanuele a Gazoldo Il Mercato di Gazoldo nel Novecento l'Aquila di Arturo Nodari Bottiglie della Casa Vinicola Nodari Cartolina della Casa Vinicola Nodari Carta intestata della Casa Vinicola Nodari Un gruppo di amici con Arturo Jn in campeggio Casa Vinicola Nodari Inaugurazione Ristorante Casa Nodari Carolina

Famiglia
Avanzi

• Albero Famiglia Avanzi

Manerba del Garda 1820 - 2000
•† Luigi Avanzi (1820 ca)
•† Pietro Avanzi (1848 - 1920)
•† Giovanni Bortolo Avanzi (1880 - 1909)
•† Giovanni Avanzi (1909 - 2000)
• Vera Avanzi (1939 - 2006)

Pietro Avanzi nasce a Manerba da Luigi (1820 ca) e Camilla Saletti, il 30 Marzo 1848 e si sposa a 28 anni con Margherita Simoni, conosciuta in famiglia come nonna Bissa, senz’altro per la sua longevità essendo morta a 92 anni. Loro figlio, Giovanni Bortolo Avanzi, nasce il 26 Gennaio 1880 e sposa Giovanna (Nina) Tonoli nel 1906. Ho avuto la fortuna di conoscere la Nonna Nina, mia bisnonna, in quanto anche Lei morì a ben 95 anni e nella mia infanzia ero solito passare i mesi estivi nella sua casa alla Cantina Vecchia. Ottima cuoca, sempre pronta a mettere a tavola tutti gli ospiti che inevitabilmente frequentavano la Cantina per motivi d’affari o semplice amicizia per non parlare della numerosa famiglia. La Nonna Nina rimase purtroppo vedova solo 3 anni dopo il matrimonio, due mesi prima che nascesse mio nonno Giovanni e si risposò qualche tempo dopo con Vittorio Leali.
Giovanni Avanzi, mio nonno Gianni, nasce il 29 Aprile 1909, la sua passione per il vino ed i vigneti della Valtenesi, lo porta a trasformarsi da Oste a Vinicoltore e fonda nel 1931 le Cantine Avanzi. Nel 1938 l'attività si amplia e acquista la cosiddetta Cantina Vecchia, una proprietà risalente al 1600, in origine utilizzata per l’industria della Seta. Con gli anni sviluppa l'azienda, ingrandendo le cantine e acquistando nuovi vigneti e oliveti. Sempre nel 1938 sposa Fiordalisa Lombardi detta Daria, un altro esempio di longevità invidiabile morta da poco a 98 anni. Giovanni Avanzi fu nominato Cavaliere del Lavoro ed è stato uno dei personaggi simbolo della Valtenesi, che non ha mancato di dedicare il proprio impegno anche nei confronti di Manerba, in veste di primo cittadino in due tornate amministrative. Per la prima volta sindaco dal 1946 al 1951 e, successivamente, dal 1956 al 1960. Numerose le sue opere volute e realizzate nei primi anni del dopoguerra, ha dato avvio alla realizzazione dell’acquedotto comunale, la sistemazione e l’asfaltatura delle strade principali del paese a cui seguì la realizzazione del primo tratto di illuminazione pubblica nel centro di Solarolo. Muore il 18 Luglio 2000, lasciando nelle mani dei suoi figli Gianpietro e Alessandro, la sua Azienda. Vera, mia madre, la figlia primogenita, nasce il 31 Gennaio 1939 e si sposa nel 1959 con Arturo Nodari, anche lui discendente di una famiglia di Vinicoltori, conosciuto in occasione di una vendemmia a Manerba, dove Arturo era venuto per comprare uve del luogo. Alla pesa pubblica di Manerba dove Vera aiutava nella gestione durante la vendemmia, il colpo di fulmine. Vera si trasferisce con Arturo, prima a Sirmione, dove i Nodari avevano una cantina per la produzione del Vino Lugana e poi a Gazoldo degli Ippoliti, dove c’era la sede principale delle Cantine Nodari.
• Album fotografico famiglia Avanzi •
Con la fine della Repubblica di Venezia (1796) Manerba e tutto il territorio della Riviera si trova coinvolto nelle drammatiche ma anche esaltanti vicende della Rivoluzione Francese e del dominio napoleonico, per concludersi con gli eventi del Risorgimento Italiano. Dal 1861, anno della raggiunta unità d’Italia, Manerba entra a pieno titolo nella storia della giovane e pur antica e gloriosa Nazione e del recente Stato Unitario condividendone gli esaltanti progressi e le drammatiche e talvolta tragiche vicende, senza mai mettere in discussione il sentimento di unità e di amor patrio. Destarono particolari suggestioni le gesta di Garibaldi, il cui passaggio sul suolo comunale, nel giugno del 1866, per raggiungere lo strategico osservatorio della Rocca. Gravi crisi economiche colpirono Manerba provocando un'imponente emigrazione, per far fronte alle gravi condizioni di povertà, nasceva nel 1883 la Società Operaia e agricola di Mutuo Soccorso. Nel 1895 per iniziativa del parroco don Luigi Boschini, nasceva la Cassa Rurale di depositi e prestiti, cui un'Unione agraria, per l'acquisto e vendite dei bozzoli, e altre iniziative specie a sostegno della viticoltura. Benchè vicina ai centri della Repubblica Sociale Italiana, gli avvenimenti dal 1943 al 1945 non toccarono significativamente Manerba. Dal 1946 vennero migliorate le strade interne, ampliato il cimitero e perfezionata l'illuminazione. Nel 1947 venne introdotto il servizio automobilistico Manerba-Brescia. e seguirono cure particolari per l'acquedotto

Vendemmia alla Cantina Vecchia Vera Avanzi nel 1945 Matrimonio Vera Avanzi con Arturo Nodari Giovanni Avanzi e Daria Lombardi

Famiglia
Michelacci

• Albero Famiglia Michelacci

Trappola San Godenzo 1700 - 1919
•† Domenico Michelacci (1700 ca)
•† Giovanni Battista Michelacci (1724 - 1794)
•† Bartolommeo Michelacci (1779 - 1839)
•† Giuseppe Michelacci (1821 - 1897)
• Emilio Michelacci (1867 - 1934)
• Sante Michelacci (1897 - 1965)

Il paese di San Godenzo è un paesino arroccato sugli impervi castagneti toscani, dove ancora oggi si vive e respira l'aria di altri tempi, la vita di paese, con i suoi bar e la piazza dove tutto sembra accadere. La Trappola è un gruppo di 3 abitazioni su una vicina montagna, che si raggiunge percorrendo uno sterrato per circa 12 Km dopo il paese di Corella, oppure tramite una vecchia e ripida mulattiera, oggi appena visibile, che scende a Petrognano. (coordinate della Trappola 43.950671,11.592357 ).
Il primo Michelacci di cui abbiamo traccia è Domenico, padre di Giovanni Battista Michelacci. GioBatta, nasce alla Trappola nel 1724 circa e si sposa con Giovanna Lavatini, hanno almeno 3 figli, Angiolo nel 1769, Luigi 1772 e Bartolommeo, il nostro progenitore che nasce nel 1779. Bartolomeo, vedovo, si sposa nel 1819 in seconde nozze con Anna Maria Panorchi. I due hanno 8 figli, il secondo è il nostro progenitore Giuseppe.
Giuseppe Michelacci nato il 29 Maggio 1821, è sempre vissuto alla Trappola. Si sposò nel 1847 con Domenica Caldani ed ebbe almeno una figlia, Caterina nata nel 1848, rimasto vedovo nel 1850, si risposò nel 1852 con Carola Corradossi, insieme ebbero come minimo 6 figli, l’ultimo dei quali, Emilio nacque il 19 Novembre 1867. Giuseppe sopravvisse anche alla seconda moglie e morì alla Trappola nel 1897.
La famiglia Michelacci coltivava alla Trappola, Castagne. Nella loro casa a pian terreno, c’era una piccola stalla, il cui calore si propagava alla cucina al piano superiore. Pochi animali, giusto per il fabbisogno famigliare. Nella tenuta, c’era ed è tutt’ora visibile un essiccatoio per la conservazione e trasformazione delle castagne in farina. A pochi metri la casa della famiglia Capellini, vicini di casa per almeno due secoli. Poco distante, circa 300 metri più a monte, la casa chiamata “Trappolina”, tutt’ora mantenuta in ottime condizioni ed abitata dai discendenti della famiglia Pratesi. Nel 1998, accompagnati dalla zia Rosella, abbiamo conosciuto Alessandro Pratesi, che ci ha raccontato i ricordi di suo Nonno, amico e vicino di casa di Emilio.
Secondo il suo foglio matricolare, Emilio, abile di 1a categoria alla visita di leva della classe 1867, è accorpato alla Guardia di Finanza dal 7 Agosto 1891 al 26 Giugno 1893. Inizialmente è destinato al deposito di Genova, dal 1 Dicembre 1891 è ammesso al servizio attivo nella provincia di Novara, dove riceve premi e encomi per sequestri di merce di contrabbando e arresti di contrabbandieri. Nel settembre 1892 riceve un encomio dal Ministero per aver cooperato al sequestro di zucchero ed essere stato ferito alla prima falange del dito pollice della mano destra da un colpo di arma da fuoco inferto da un contrabbandiere mentre, in servizio, cercava di arrestarlo. Il 16 Giugno 1893 è collocato a riposo.
Emilio si sposa con Rosa Gaudenzi nel 1894 ed hanno 3 figli, Adolfo nel 1895, Sante nel 1897 e Anna nel 1901.
Sante, il 23 Settembre 1916, a 19 anni, è chiamato alle armi nel 12° Reggimento Fanteria e il 4 Febbraio 1917, viene imbarcato per l'Isola di Corfù in territorio di guerra, dove rimane fino a Settembre. Il 4 Febbraio 1918 è accorpato al 83° TAIF. Le Truppe ausiliarie italiane in Francia, abbreviato in TAIF, erano un contingente di 60.000 militari del Regno d'Italia inviato nel 1918 in Francia per sostenerne lo sforzo bellico. Il 14 Aprile 1918 è ricoverato nell'Ospedale di Chambry e dopo un mese trasferito all'ospedale militare di Torino dove ottiene una licenza di 30gg per poi rientrare nel suo Reggimmento il 16 Giugno 1918. Dopo l’armistizio nel novembre 1918 continuò a prestare servizio nel 10° fanteria. E' congedato il 3 Febbraio 1919 con dichiarazione di aver servito con fedeltà ed onore, gli viene concessa la medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915-1918 per aver servito due campagne di guerra: nel 1917 e 1918.
Il 12 Ottobre 1918 la famiglia di Emilio e Rosa, si trasferisce a Eremo dei Romiti presso le cascate dell'Acquacheta a Portico San Benedetto.


Il nome di San Godenzo deriva da San Gaudenzio, eremita vissuto in questi monti nel V-VI sec. d. C, in onore del quale fu costruita nel sec. XI l'Abbazia Benedettina attorno alla quale sorsero le prime case. L'8 giugno 1302 la Chiesa fu sede del convegno dei Ghibellini e degli esuli fiorentini di parte bianca che chiedevano aiuto agli Ubaldini e ai Guidi per rientrare a Firenze. Con Dante Alighieri erano qui convenuti i Torrigiani, i Cerchi, i Ricasoli, i Gherardini, i Pazzi, gli Uberti ed altri.

Nel 1737 con l'avvento dei Lorena a San Godenzo vissero i loro tempi migliori che perdurarono fino all'arrivo di Napoleone con la costituzione del Regno d'Etruria. Finito il periodo napoleonico ritornò il governo degli Asburgo-Lorena. Leopoldo II portò a termine la strada forlivese iniziata da Pietro Leopoldo e fece costruire il "Muraglione" per permettere il cambio dei cavalli al riparo dai venti che spazzano violentemente il Passo. Il censimento del 1844 rilevò un forte incremento della popolazione di San Godenzo: 3.304 abitanti. L’ambiente vive soprattutto dei segni lasciati giorno dopo giorno dai suoi abitanti, allevatori, artigiani, raccoglitori di castagne, di legname, produttori di formaggio. Chi vive qui sa bene cosa la montagna può dare, conosce le asprezze degli inverni e i magri pascoli.

Prima di istituire una medaglia commemorativa della Grande Guerra, che era finita il 4 novembre 1918, si attese l'estate 1920 quando terminò anche l'impegno delle truppe italiane in Albania per la pacificazione di fazioni rivali. Con regio decreto 29 luglio 1920, n. 1241, promulgato da re Vittorio Emanuele III, fu istituita la medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915-1918 per il compimento dell'unità d'Italia. Quindi tale medaglia celebrava innanzitutto la vittoria nella prima guerra mondiale, ma anche il completamento dell'unità d'Italia ed il 70º anniversario dell'inizio dei moti rivoluzionari che nel 1848 avevano scatenato la Prima guerra di indipendenza italiana. La particolarità di questa medaglia, resa evidente nella scritta sul retro che cita coniata nel bronzo nemico, è che il decreto istitutivo prevedeva che avrebbe dovuto essere fusa col bronzo delle artiglierie tolte al nemico.

Castrocaro Terme 1919 - 1936
• Germano Michelacci (1930 - 2009)

Un anno dopo, il 31 Agosto 1919 emigrarono a Castrocaro Terme dove si stabilirono alla tenuta Giorgiona, al civico 7 e 8, in località S.Antonio in Gualdo. Pare che insieme al sig. Blanc - Tassinari (detto il Signorino) di Dovadola, Emilio e il figlio Sante iniziarono l'attività di produzione ed essicazione del tabacco. Non è chiaro come Emilio entrò in possesso della Giorgiona che era all’epoca, di proprietà del Visconte di Modrone, secondo alcuni, contrasse un mutuo di lire 300.000, secondo altri, la tenuta fu vinta al gioco.
La famiglia Michelacci si legò a due famiglie benestanti, la famiglia Lucarelli e la famiglia Conti, proprietaria delle Terme di Castrocaro. Tina Lucarelli sposò controvoglia Sante Michelacci il 4 Novembre 1926 mentre Anna Michelacci si sposò con Sergio, fratello di Tina. Adolfo Michelacci invece sposò Lena Conti. Questi legami insieme alle indubbie capacità comunicative e di socializzazione dei Michelacci li portarono ad essere considerati, nella Castrocaro di allora, una famiglia ricca e affidabile. Da Ottobre del 1923 a Gennaio del 1926 Emilio è anche eletto nel consiglio comunale di Castrocaro. Da Sante Michelacci e Tina Lucarelli, nacquero Giuliano 1927, Rosella 1928 e Germano nel 1930.





L'epoca del fascismo, negli anni '20 e '30, durante la permanenza della famiglia Michelacci a Castrocaro, ha lasciato traccia soprattutto negli edifici oggetto di interventi architettonici ed urbanistici che, valorizzandone le potenzialità economiche e turistiche, intendevano renderla un territorio d’avanguardia, un esempio e una guida per le altre province d’Italia. La stazione termale conobbe una nuova stagione di fasti, divenendo la principale fonte economica del paese, con la realizzazione, del Padiglione delle Feste, dello Stabilimento Termale e del Grand Hotel

Brozzi Firenze 1931 - 1937
† Emilio Michelacci (muore nel 1934)
I Michelacci a Brozzi Firenze
Improvvisamente, nel 1931 Emilio e Sante scappano da Castrocaro, di notte, di nascosto. Pare che l’attività di produzione del tabacco andò in fallimento e che, a causa del tenore elevato di vita della famiglia, vi fossero molti debiti con diverse persone del paese. Nel fallimento vennero coinvolti indirettamente anche Adolfo e Anna, o per aver prestato fidejussioni o più semplicemente per motivi d’onore, tant'è che Adolfo dovette pagare debiti del padre. La Giorgiona si disse tornò di proprietà dei Visconti di Modrone.
Nei documenti ufficiali dell’Anagrafe Civile risulta che Emilio emigrò a Firenze direttamente da Castrocaro nel 1931, Sante nel 1933, probabilmente queste date sono solo formali, di fatto i due restarono sempre insieme. Emilio, secondo l'Archivio Storico di Brozzi, gestiva una Tabaccheria e muore a Brozzi il 9 Febbraio 1934. Tina ed i figli rimasero ancora qualche tempo a Castrocaro e poi raggiunsero Sante, che a Brozzi era impiegato del Catasto, nel 1936. Da Brozzi Sante, Tina e i figli arrivano a Mantova il 23 Gennaio 1937.





Brozzi fu comune autonomo fino al 1928, quando precorrendo il progetto la "Grande Firenze" del ventennio fascista, nel 1929 il comune di Firenze incorporò parte dei suoi territori, le frazioni di Quaracchi, Petriolo, Peretola e La Sala. Altre frazioni furono suddivise tra i comuni di Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio e Signa. Brozzi aveva un'economia basata sull'agricoltura e sulla tradizionale lavorazione artigiana della paglia (cappelli).

Mantova 1937 - 2016
† Sante Michelacci (muore nel 1965)
† Germano Michelacci (muore nel 2009)
• Enrica Michelacci (1964)

Sante vince un concorso al Provveditorato e viene assegnato a Mantova dove i primi anni furono difficilissimi, la famiglia viveva in grande povertà in qualche stanza messa a disposizione nel palazzo della scuola. Ben presto, grazie anche al momento storico favorevole, arriva la stabilità economica; i figli Giuliano, Rosella e Germano studiano tutti, il primo diventa Ragioniere e va a lavorare in banca, la seconda diventa una brava Maestra e Germano, dopo il liceo scientifico, si iscrive alla facoltà di Medicina a Modena che però non finisce. Rosella si sposa con Armando e va a vivere a Cerese, accoglie in casa i genitori Sante e Clementina, che vi rimarranno fino alla fine.
Germano è molto socievole e ben inserito a Mantova, frequenta il club universitario goliardico. Si diverte, conosce tante ragazze, tra cui Rossana, una bellissima ragazza che si innamora di lui. Il 26 dicembre 1963 quando hanno entrambi superato i 30 anni, i due si sposano, abbastanza tardi per quei tempi, vanno ad abitare a Modena in via Pelusia dato che Germano è ancora iscritto all’università. Durante il viaggio di nozze viene concepita Enrica che nasce a Settembre 1964. Subito dopo Germano e Rossana con Enrica tornano a vivere a Mantova, in via Tellera nello stesso condominio dove abitava la zia Fiorella, sorella di Rossana. Germano inizia il lavoro di informatore scientifico per un’azienda farmaceutica, lavoro che continuerà fino al prepensionamento, con una pausa di un anno in cui svolge l’attività di direttore alle vendite per un’azienda che produce filtri per auto. Il 22 Gennaio 1967 nasce Stefano.
Germano è appassionato di calcio e diventa anche accompagnatore sportivo della squadra cittadina. Conosce personaggi famosi nel mondo del calcio, anche Maradona. Scrive talvolta sul giornale locale commenti sportivi. La vita matrimoniale di Germano e Rossana si svolge in linea con i tempi, il papà lavora e la sera esce con gli amici, la mamma accudisce la casa e i figli. Il tempo passa senza scosse, i figli crescono, alla fine degli anni '70 la famiglia si trasferice in Valletta Paiolo di fronte a San Pio X. Nel 1979 lo zio Adolfo, fratello di Sante rimane vedovo e si trasferice da Castrocaro a Mantova in appartamento con Germano e Rossana, ben presto Adolfo si accorge che il suo arrivo obbliga i ragazzi a dormire su un divano, l'appartamento in San Pio è troppo piccolo e offre a Germano la possibilità economica di acquistare un appartamento più grande a Cerese, dove tutta la famiglia si trasferice all'inizio degli anni 80. Lo zio Adolfo muore nel 1982.
Nel 1987 Enrica si sposa ed esce di casa, purtroppo Rossana scopre di essere malata e nel 1989 muore a seguito di carcinoma epatico. Aveva solo 56 anni. Germano continua la sua vita senza risposarsi, vende l’appartamento di Cerese, che era stato acquistato grazie all’eredità dello zio Adolfo, e compra una villetta, sempre a Cerese, dove si trasferisce con il figlio Stefano e la fidanzata di Stefano, Cristiana. Germano perde piano piano interesse per le sue passioni, abbandona le amicizie e si isola sempre più. Supera un periodo di depressione ma subisce un ictus da cui non si riabilita completamente e pian piano si spegne, all’età di 79 anni.


A Mantova dal 1937 al 1938, le nuove disposizioni dell'Autorità fascista, portano alcuni cambiamenti formali nelle denominazioni di Enti e Uffici provinciali e altre sostanziali come gli aumenti degli stipendi di tutti gli operai del 10%-12%. La basilica di Sant'Andrea viene elevata a Concattedrale. Dal 1939 in poi, le fasi drammatiche che portano alla Seconda guerra mondiale, impongono i primi razionamenti, caffè, sapone da bucato, grassi alimentari, pasta, riso. Per non recare pregiudizio alla difesa dello Stato, viene istituito il servizio della censura della posta. Nel Luglio 1941 luglio: Benito Mussolini si reca in visita alla città e vi tiene un discorso. Il 14 febbraio 1944 arriva il primo bombardamento aereo, da parte degli statunitensi. Un bombardamento alleato distrugge il Ponte Mulina.

Nel dopoguerra, a Mantova, c’era la grande necessità di lavoro e di case nuove dotate di servizi. La città offriva nuovi posti di lavoro grazie alle industrie come Icip, Edison, la Burgo, la Belleli, industrie oggi non ben viste a causa dell'inquinamento che hanno procurato, ma che allora sono state la salvezza di moltissime famiglie Mantovane. A queste aggiungiamo la Corneliani e la Lubiam, due eccellenze nell'abbigliamento ancora oggi conosciute in tutto il mondo. La Lubiam in particolare ha contribuito allo sviluppo edilizio di Valletta Paiolo, costruendo molti condomini nell'area vicino al proprio stabilimento. All'epoca, non c'era la cultura della conservazione degli edifici storici esistenti, bensì l'esigenza di ricostruire ciò che la guerra aveva distrutto.

Famiglia Emilio Michelacci La Trappola nel 2000 La Trappola nel 2000 La Trappola nel 2000 medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915-1918 Castrocaro nel 900 Piazza principale di Brozzi nel 1930 Mantova, Piazza Martiri nel 1940 Ponte dei Mulini nel 1933 Bombardamento del Ponte dei Mulini Valletta Paiolo anni 60

Famiglia
Iori

• Albero Famiglia Iori

Fabbrico 1700 ca - 1882
•† Giuseppe Iori (1710 ca)
•† Pellegrino Iori (1740 ca)
•† Giuseppe Iori (1771 - 1841)
•† Gaetano Iori (1816 - 1882)
•† Giuseppe Iori (1850 - 1882)
• Pellegrino Iori (1877 - 1959)

Pellegrino Iori, figlio di Giuseppe, si sposò con Maria Azzolini e il 30 Aprile 1771 ebbero Giuseppe Maria Genesio Iori. San Genesio è il Santo Patrono di Fabbrico e il suo nome è stato associato a diversi discendenti della famiglia Iori. Giuseppe e Maria ebbero almeno altre due figlie, Orsola e Maria Giovanna.
Giuseppe Genesio il giorno 8 Giugno 1802 sposò la sua compaesana, Anna Maria Mazzoli. Dalla loro unione il 24 Agosto 1816 nacque Gaetano Genesio. Giuseppe Genesio e Anna Maria morirono rispettivamente nel 1841 e nel 1846.
Anche Gaetano Genesio sposa, nel 1839, una ragazza di Fabbrico, Annunziata Pavarini. Ebbero almeno 3 figli, i primi due morti appena nati, l'ultimo nato il 15 Maggio 1850 si chiamava Giuseppe Riccardo. Annunziata muore nel 1878.
Giuseppe Riccardo si sposa il 10 Aprile 1875 con Rosa Bonini di Canolo (RE) e dal loro matrimonio nasce Pellegrino Genesio il nonno che noi ricordiamo.
Il 1882 è un anno drammatico per la famiglia Iori: il 2 Marzo muore per "vizio cardiaco" la mamma di Pellegrino, Rosa. Il nonno Gaetano, il 19 Marzo si suicida gettandosi nel Canale d'Enza e il padre di Pellegrino, Giuseppe Riccardo muore di Tisi il 22 Novembre. Pellegrino, senza più una famiglia, si trasferisce a Reggiolo, probabilmente da un parente prossimo.

Fabbrico è stato, nel 700 e 800, un paese di economia prevalentemente agricola. Il 1700 si apre per Fabbrico con l’occupazione di truppe franco-spagnole, questa occupazione comportò notevoli oneri per la comunità. Un paese senza commercio, scarsissimo di benestanti e pienissimo di povertà. Il paese non subì miglioramenti sostanziali per un lungo periodo. Nel 1796 Fabbrico si unisce alla Repubblica di Reggio. Nel 1799, anno dell'occupazione austriaca, un'inondazione sommerge quasi tutto il fabbricese. Nel 1800 il paese è colpito da una nuova carestia, che si sovrappone agli stenti causati dalle continue guerre. Il paese seguirà quindi le vicende del periodo risorgimentale fino all'Unità d'Italia. Nel 1884 Giovanni Landini aprì una modesta officina meccanica che nel giro di una ventina d’anni si affermò sul mercato nazionale, ma solo nel 1900 l’andamento della Landini Trattori avrà un’influenza importante sul paese e sul suo andamento demografico.
Reggiolo 1882 - 1902
• Giovanni Vittorio Iori (1901 - 1975)

Nonno Pellegrino, il 22 Febbraio 1898 si sposa a Reggiolo con Giustina Freddi, vivono a Borgo San Venerio e sono vicini di casa con la famiglia Giorgi, con la quale allacciano un rapporto di amicizia che durerà anche dopo le rispettive emigrazioni a Mantova e, per la famiglia Giorgi, a San Benedetto. Il loro primo figlio nasce a Reggiolo il 1 Giugno 1901 ed è Vittorio. Nell'atto di nascita di Vittorio, compare per la prima volta la professione del padre Pellegrino: Calzolaio. Pellegrino e Giustina, con il figlio neonato si trasferiscono a Mantova.

Nel 1848 Reggiolo passa da Carlo II di Borbone-Parma al duca di Modena al quale rimarrà fino al plebiscito del 1860 e alla proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861). Borgo San Venerio, dove viveva Pellegrino ed è nato Vittorio, è legato al culto dell’eremita e santo spezzino Venerio, patrono di Reggiolo. Dell’oratorio di S. Venerio, sito in via Roma, si hanno notizie fina dal 1044 ma è stato completamente ricostruito nella forma attuale e benedetto il 28 ottobre 1775.
Mantova 1902 - 1989
† Pellegrino Giuseppe Iori (muore nel 1959)
† Giovanni Vittorio Iori (muore nel 1975)
•† Rossana Iori (1933 - 1989)

La famiglia Iori a Mantova.
Pellegrino e Giustina, appena arrivati a Mantova, vanno a vivere in Via Ponte Arlotto 9 (via Trieste) il civico 9 corrisponde oggi all’entrata a fianco dell’Osteria dei Ranari. In questa casa, probabilmente anche bottega, nascono i fratelli di Vittorio, Antonio nel 1903 e Otello nel 1905. Quando muore Otello nel 1908 la famiglia Iori, si era già trasferita in Via Corrado al numero 11, qui nasce il 14 Ottobre 1908 Ida. Nel 1911 nasce l'ultimo figlio a cui viene dato ancora il nome Otello. Della figlia Gisella non ho trovato i dati di nascita. Tutti i certificati di nascita dei figli di Pellegrino, lo citano come Calzolaio. Dal 1908 al 1945 non ho altri riferimenti temporali per stabilire le residenze della famiglia Iori. Il 30 Aprile 1927 Vittorio sposa Maria Rosa Pierina Meneghetti nella chiesa di San Leonardo, il quartiere dove la famiglia Meneghetti ha vissuto per tanti anni. Dal loro matrimonio nascono: Loredana nel 1927, Licia 1929, Rossana 1933, Isa 1935, Fiorella 1936, Roberta 1940 e Germana nel 1942 morta dopo pochi mesi. Nel 1945 la tessera del Fascio di nonno Vittorio cita come residenza Corso Ettore Muti 11 (oggi Corso Umberto I°), professione elettricista. 11 Aprile 1959, Pellegrino muore a Mantova in Vicolo Pero 16 e il nonno Vittorio, muore invece il 26 Dicembre 1975 in Via Frattini 7.

Rossana è molto bella, in infanzia frequenta per lunghi periodi la casa della zia Ida a Milano e per motivi economici, come le sorelle, non continua la scuola dopo le elementari. Grazie alla sua dolcezza, ai suoi modi di fare e alla sua presenza, lavora come commessa presso la pellicceria Vivanti in centro storico. Non prende la patente. Conosce Germano di cui si innamora molto, ma lui è un universitario libertino e il rapporto tra i due non si consolida.
Durante un viaggio di lavoro, in Svizzera nel 1963 con la titolare viene coinvolta in un incidente stradale e il suo viso si deturpa per i frammenti di vetro dell’auto. Subito dopo l’incidente Germano le chiede di sposarlo e così, il 26 dicembre 1963, i due si sposano a Mantova nella chiesa di S. Andrea, al mattino presto.
Enrica viene concepita durante il breve viaggio di nozze al termine del quale gli sposi vanno a vivere a Modena perché Germano è ancora iscritto all’università. Dopo 40 giorni dalla nascita di Enrica tornano tutti a Mantova dove prendono in affitto un appartamento in Viale Tellera n. 8, nel condominio dove vive anche la sorella Fiorella. Rossana è buona e socievole, è benvoluta dai vicini, la signora Falomi, i Morandini, le sorelle Mariani.
Ben presto arriva il secondogenito Stefano, biondo come lei. Nonostante l’unico stipendio in casa, Rossana è una brava risparmiatrice e la famiglia riesce ogni anno a fare le vacanze al mare o in montagna, sempre con le sorelle di Rossana e i loro figli. Purtroppo il proprietario dell’appartamento lo richiede per utilizzo proprio e così la famiglia si trasferisce in un altro appartamento, più popolare, in Piazza de Gasperi n. 17, sempre vicino alla sorella Fiorella che nel frattempo si era trasferita.
L’appartamento è più piccolo ma ben disposto. I figli crescono e in famiglia viene accolto lo zio Adolfo Michelacci che, rimasto vedovo senza figli, necessita di assistenza. Rossana se ne prende cura, allo zio viene data la camera da letto del figlio Stefano che si sposta a dormire in sala sul divano. Quando lo zio se ne accorge dona alla famiglia un anticipo della sua eredità che consente l’acquisto di un appartamento più grande. Rossana aveva un sogno, vivere in una casa con giardino e con ripostigli, ma viene scelto un appartamento elegante a Cerese. A Rossana risulta più difficile vedere le sorelle e le amiche anche perché’ la fermata dell’autobus non è vicina.
Nel 1984, a seguito di un controllo medico, viene scoperto un tumore al fegato, subito operato. Dopo l’operazione i controlli vanno bene così Enrica si sposa, ma nel 1986 il tumore ritorna in un punto del fegato che non permette altri interventi. Rossana inizia così la chemioterapia a Bologna che inizialmente pare dare buoni risultati ma la debilita. Il tumore vince su di lei il 9 maggio del 1989 e Rossana muore in ospedale, dove era ricoverata da Gennaio, circondata dall’affetto dei suoi figli e delle sue sorelle.

Quando la famiglia Iori arrivò a Mantova nel 1902, la città iniziava a trasformarsi, furono demolite Porta Cerese, Porta Pusterla, Porta Mulina, Porta Pradella (nel 1940). Alle demolizioni nel ghetto ebraico, seguirono la costruzione degli edifici della Camera di Commercio, della Banca d'Italia e del Palazzo Gallico e venne ritrovata e restaurata la Rotonda di San Lorenzo. Nel 1912, iniziarono i lavori di costruzione dell'ospedale che fu intitolato a Carlo Poma, il medico Martire di Belfiore. Segno del progresso fu la creazione di una prima linea tranviaria dalla stazione ferroviaria a Porta Mulina transitante dal centro della città. Mantova, nonostante l'espansione territoriale, con i suoi 29.142 abitanti, dati del censimento del 1901, rimase poco più di una cittadina che in presenza di poche attività industriali, viveva di riflesso della ricchezza prodotta nelle campagne dove l'agricoltura era già all'avanguardia.

Il quartiere di Valletta Paiolo, in cui sorge la chiesa di San Pio X, prende il nome dall'antico lago artificiale denominato di Paiolo che faceva parte della cintura d'acqua intorno a Mantova. Il decreto di erezione della nuova parrocchia di San Pio X in Mantova è stato emanato dal vescovo mons. Antonio Poma, ed è datato 1955. Il documento, redatto in latino, attesta che, essendo aumentato il numero di fedeli nel territorio chiamato Valletta Paiolo. Non c'era ancora la chiesa, ma era stato nominato il parroco nella persona di don Giuseppe Ferrari, che, proveniente da Quistello, va ad abitare provvisoriamente in viale Gorizia per essere più vicino ai nuovi parrocchiani; in quei primi anni era coadiuvato prima da don Bruno Melegari poi da don Carlo Ziliani. E così, dal 1955 al 1958, iniziano la vita liturgica della neonata comunità parrocchiale di San Pio X.
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Fabbrico nel 1900 Reggiolo Borgo San Venerio L'oratorio di San Venerio La famiglia Pellegrino Genesio Iori Via Ponte Arlotto Via Trieste Ponte Arlotto Le sorelle Iori con Papà Vittorio Corso Umberto I° Via Frattini

Famiglia
Meneghetti

• Albero Famiglia Meneghetti

Pietole di Virgilio 1778 - 1891
•† Lorenzo Meneghetti (1778 - 1870 ca)
•† Luigi Meneghetti (1798 - 1874 ca)
• Angelo Meneghetti (1839 - 1909)
• Annibale Meneghetti (1869 - 1942)

Lorenzo Meneghetti nasce a Pietole nel 1778, come ci risulta dall’atto di nascita del figlio Giuseppe. Era sposato con Cecilia Tonelli ed ebbe almeno 4 figli. Luigi nato nel 1798, Maria, Giuseppe e Piero. Fin dai primi documenti relativi alla nascita dei suoi figli, risultava di professione Pescatore e risiedeva a Pietole in quella che in molti documenti è definita “Casa Meneghetti” al civico 12. La nostra discendenza passa attraverso Luigi che si sposò 4 volte: nel 1830 con Carità Lonardi di Canedole ebbe 2 figlie Carolina e Anna Maria; rimasto vedovo, nel 1837 sposò Rosa Rossini di Squarzanella ebbe un figlio, il nostro avo Angelo; nuovamente vedovo, nel 1845 sposò Osanna Artoni, nacquero Antonio, Serafina e Adele; infine, dopo la morte della terza moglie, nel 1868 sposò Onorata Soregotti, anche lei vedova.
Luigi nacque, visse e morì in “Casa Meneghetti”, anche lui era un Pescatore perpetuando questo mestiere, che come vedremo accompagnò tutti i figli maschi dei Meneghetti per molte generazioni.
Il nostro progenitore Angelo nacque il 28 Novembre 1839 e si sposò nel 1861 con Edvige Formizzi degli Angeli, anche lei proveniente da una famiglia di Pescatori. Ebbero 7 figli, tra i quali Annibale, tutti nati a Pietole in “Casa Meneghetti”. Il 29 Settembre 1889 Annibale sposa Zelinda Vigna di Virgilio, ma originaria di Sabbioneta. L’anno successivo nasce a Pietole, il loro primo figlio Guido. Il 2 Settembre 1891, Annibale con il padre Angelo lascia Pietole per trasferirsi in città a Mantova.

Pietole è il nome attuale di Andes, luogo natale del grande poeta Publio Virgilio Marone. Grandi personaggi, come Napoleone Bonaparte, ne rimanessero affascinati; tant'è che, alla fine del XVIII secolo, l'imperatore francese esentò gli abitanti di Pietole dal pagamento delle tasse e si impegnò a risarcire tutti i danni procurati dalle operazioni militari. Nel 1802 inizia la costruzione del Forte di Pietole in difesa della città di Mantova. Nell’anno 1814, a causa del conflitto degli occupanti francesi contro l’Austria, il forte fu messo in stato di difesa e si procedette con la creazione della spianata attorno al perimetro della fortificazione con la conseguente demolizione del borgo di Andes. Per tutto il 1800 e fino al 1920, quando un grosso incendio lo rese inservibile, il forte fu utilizzato per scopi bellici.
Mantova 1891 - 1980
† Angelo Meneghetti (morto nel 1909)
† Annibale Meneghetti (morto nel 1942)
•† Pierina Meneghetti (1905 - 1980)

Angelo e Annibale Meneghetti a Mantova.
La loro nuova casa è in Via Ergastolo 7, che dopo qualche anno, cambierà nome in Via Zambelli. Qui nasceranno almeno altri 18 figli, di cui ho trovato traccia comprovata, ma la storia trasmessa di bocca in bocca, parla di circa 25 figli, alcuni adottati. Zelinda faceva la Balia, allattando anche bimbi di altre mamme. Annibale, i suoi figli e il padre Angelo, erano tutti Pescatori e/o Pescivendoli. Nelle vecchie edizioni della Gazzetta di Mantova del periodo, ho trovato diversi articoli che raccontavano dei Meneghetti, Il primo, dal titolo amore disperato, lo trovate qui , racconta il ritrovamento da parte di Angelo del cadavere di una ragazza nel lago, nel Luglio 1903. Il secondo, racconta la tragica morte di Ferruccio, figlio di Annibale, avvenuta nel 1918. Nel 1919, in Agosto, Annibale subisce un furto di 10.400 Lire ma i 3 ladruncoli vengono identificati e parte della refurtiva recuperata.
Non mancavano le scaramucce tra Pescatori con appropriazioni indebite di materiale e pescato, così come litigi e sconfinamenti in zone del lago non autorizzate alla Pesca. Credo fosse la normalità, in un tempo dove la povertà la faceva da padrone e l’istinto di sopravvivenza prevaleva. I laghi di Mantova, che tanto hanno dato alla famiglia Meneghetti, hanno anche presentato il loro conto, abbiamo visto della morte per annegamento di Ferruccio durante una battuta di caccia e pesca, purtroppo anche Mario Meneghetti, figlio di Camillo, nipote di Annibale, muore in circostanze analoghe, più tardi nel 1956. In questi due articoli il resoconto dei fatti: la scomparsa di Mario e Il ritrovamento del corpo.
Annibale e il padre Angelo ricostruirono in Via Zambelli, la stessa atmosfera famigliare di Casa Meneghetti a Pietole, come potete vedere da questi documenti, in via Zambelli vivevano e transitavano decine e decine di persone, non solo i figli, ma anche i nonni e per un periodo di tempo anche il fratello di Zelinda, Enrico Vigna, rimasto solo a Mantova, dopo la partenza di tutta la sua famiglia per il Brasile. Come raccontava Giulio (Giulietto), uno dei figli di Annibale e Zelinda, a sua nipote Cinzia Meneghetti, la casa era sempre così piena di gente che nessuno notò la sua scomparsa per una scappatella di 3 giorni.
Il 10 Dicembre 1932, Annibale e Zelinda si trasferiscono a Porto Catena in via Magazzini 1 (oggi via Cardone). Annibale diventò commissario dei laghi di Mantova per la gestione della Pesca. Zelinda muore il 13 Aprile 1937. Annibale il 16 Marzo 1942. I loro figli maschi continuarono nella attività di famiglia, tanto è vero che nel necrologio di Camillo Meneghetti morto nel 1969, viene riportata l’attività di Pescatore e la Chiesa di San Leonardo confinante con via Zambelli, dove probabilmente ancora risiedeva.
La città di Mantova, nel suo aspetto complessivo, per la ricchezza di palazzi e di monumenti artistici, ricordo del suo glorioso passato, si presenta severa e grandiosa. Il centro cittadino, dove si trovano le più belle vie e i più sontuosi palazzi, e dove più intensa si svolge la vita commerciale, è compreso nella parte più interna dell'arco concavo formato dai tre laghi in corrispondenza delle due dighe-ponti. Si nota qui il grandioso Corso Vittorio Emanuele, già un tempo Corso Pradella, che dalla stazione conduce nel cuore della città e termina nella Piazza Cavallotti. Da questa piazza il Corso Umberto I conduce proprio nella parte monumentale della città, dove sì aprono, nel dedalo delle vecchie vie, le varie piazze fiancheggiate da porticati. Dapprima troviamo la Piazza Mantegna; segue la Piazza delle Erbe, dall'aspetto medievale, destinata fino dal 1300 al mercato della frutta e degli erbaggi. Dietro l'antico Broletto, si apre l'altra piazza, detta Broletto. Pure assai bella è la Piazza Sordello, vasta e severa nella sua regolarità. Notevole è infine la Piazza Virgiliana, vastissima e aperta a NE., verso il Lago di Mezzo, in località una volta occupata da una palude, detta di S. Agnese. La città moderna si estende sempre più a S., dove, abbattute le vecchie fortezze che le impedivano di espandersi, Mantova ora può liberamente aprire le sue vie e costruire le sue case moderne. (cit.enciclopedia Treccani)

Pietole Vecchio nel 800 Pietole Vecchio nel 800 Il Mincio a Pietole Vecchio Barche di Pescatori sul lago di Mantova Pescatori sul lago di Mantova Via Zambelli

Famiglia
Vigna

• Albero Famiglia Vigna

Sabbioneta 1700 ca - 1882
• GioBatta Vigna (1759 - )
• Angelo Vigna (1812 - )
• Carlo Vigna (1838 - 1919)
• Zelinda Vigna (1872 - 1937)

La famiglia Vigna proviene da Villa Pasquali, Sabbioneta. Angelo Vigna nasce il 29 Luglio 1812 da GioBatta Vigna (1759 circa) e Maria Margherita Capelli. Angelo si sposa con Luigia Binaschi di Campitello e il 13 Giugno 1838 nasce Carlo Vigna. Nel 1859 circa, Carlo sposa la compaesana Palmira Lodi Rizzini nata il 25 Gennaio 1841 da Adamo (1811-1889) e Giulia Ferrari (1812-1885). Carlo e Palmira si trasferirono a Breda Cisoni dove restarono per circa 29 anni e dove nacquero 9 dei loro 10 figli. Dai ricordi dei loro discendenti Brasiliani, coltivavano la vite..
Sotto il dominio Austriaco dell’Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo, nel 1781 Sabbioneta formò la terza delegazione con Villa Pasquali, Breda Cisoni, Commessaggio e Ponteterra. Questo periodo portò benessere anche ai piccoli paesi che circondavano Sabbioneta. Dal 1814 al 1859 Sabbioneta era parte del Regno Lombardo Veneto, poi fu incorporata nel Regno d'Italia sotto la provincia di Cremona mentre Mantova era ancora austriaca.
Villa Pasquali, come Breda Cisoni, fin dai tempi antichi, raccoglieva nelle sue terre poveri contadini, che faticando, cercavano di lavorare i terreni emergenti dalle paludi formate dal Po e dal fiume Oglio. Le alluvioni che colpivano questo territorio erano frequenti e disastrose, causavano morte e crolli.
Romanore e Virgilio 1882 - 1891

Nel 1880 circa, Carlo Vigna e la moglie Palmira Lodi Rizzini, si trasferirono da Breda Cisoni, a Gazzuolo e nel 1882 a Romanore di Borgorforte dove nacque l’ultimo loro figlio Angelo. Li ritroviamo poi a Cerese di Virgilio, dove due dei loro figli si sposarono con due Meneghetti: Giulio Vigna con Alma Meneghetti nel 1886 e Paola Rosalinda, detta Zelinda, con Annibale Meneghetti nel 1889. Da Cerese emigrarono per le Americhe.
Le campagne di Borgoforte erano sempre toccate dal Po, non molto diverse da quelle di Breda Cisoni e le coltivazioni erano simili. A Cerese la terra era più distante dal fiume e più protetta.
San Paolo Brasile 1891 - 1919
† Carlo Vigna (muore nel 1919)

Carlo Vigna e la moglie Palmira, si imbarcarono a Genova il 3 ottobre 1891, sulla nave Duca di Galliera diretta in Brasile, accompagnati dai figli Luigi, Davide, Angelo e da Giuseppe con la moglie Rachilde e i loro bambini Dirce e Leardo. Sbarcarono nel porto di Santos il 29 ottobre. Pochi mesi prima Andrea li aveva preceduti, sbarcando il 29 maggio dalla stessa nave nello stesso porto. Andrea era stato assunto, come muratore, da una compagnia Francese che stava costruendo una nuova linea ferroviaria. Carlo e Palmira hanno vissuto per un periodo a San Paolo, nel Bairro do Cambuci, in Rua dos Pescadores, 24.
Un anno dopo, il 3 ottobre 1892 anche il primogenito Giulio, con la moglie Alma Meneghetti e i figli Giulia, Angelo, Erminia e Mario raggiunse i genitori in Brasile. Nel febbraio 1893 arriva a San Paolo anche Enrico, l’ultimo figlio che era rimasto in Italia vivendo a casa Meneghetti con la sorella Zelinda e Annibale. Zelinda rimase quindi l’unica figlia di Carlo Vigna e Palmira a vivere in Italia.
Quando nel giugno 1903, la ferrovia arrivò a Itaiquara nel Município de Tapiratiba, San Paolo, Carlo e Palmira con i figli Giulio, Enrico, Luigi e Davide Vittorio si trasferirono a Fazenda São Francisco, conosciuta anche come Fazenda Muranga, a un chilometro e mezzo da Itaiquara. Si dedicavano all’agricoltura, creando nuove piantagioni di Caffè e, più tardi, di canna da zucchero. Nel 1917 andarono a vivere in un'altra fattoria vicina, chiamata Quilombinho, una grande casa di 14 stanze in grado di ospitare anche Giulio, appena rimasto vedovo con i suoi 8 figli. Lo stesso anno in questa casa, morì Palmira che fu sepolta a Mococa, la capitale di quella provincia. Carlo Vigna, andò a vivere da suo figlio Andrea a Mococa nella Fazenda de Borda Matta dove morì il 2 Novembre 1919.

I loro figli:
• Giulio, il primogenito, sposato in Italia a Cerese di Virgilio con Alma Meneghetti, ebbe 8 figli, 4 in Italia e 4 in Brasile. Alma morì di parto dando alla luce Maria.
• Giuseppe si sposò con Rachilde Michelini a Cerese di Virgilio, ebbero 2 figli in Italia e 2 in Brasile.
• Andrea si sposò a Casa Branca con Isabella Monchini, originaria di Cremona. Ebbero 13 figli.
• Enrico si sposò in Brasile con una ragazza originaria di Mantova, Margherita Fontanesi, ebbero 11 figli.
• Luigi si sposò con Elvira Persato ed ebbe 3 figli.
• Davide Vittorio sposò Elvira Mariotto ed ebbero 9 figli.
• Angelo il figlio più giovane, sposò Emilia Sabadini ed ebbero 7 figli.

La storia Brasiliana della famiglia Vigna, è stata raccolta e scritta da Claudio Marani, un discendente diretto di Carlo e Palmira con la passione della Genealogia. Potete scaricare ai collegamenti qui sotto, l’elenco completo dei discendenti brasiliani della famiglia Vigna. Una curiosità, i fratelli e le sorelle Vigna diedero a Carlo e Palmira circa 70 nipoti, incluso i 19 figli di Zelinda e Annibale Meneghetti.
• I discendenti Brasiliani di Carlo e Palmira. Ricerca di Carlo Marani
• La Storia della famiglia Vigna in Brasile (in Portoghese). Scritta da Carlo Marani
Uno dei principali porti di sbarco degli immigranti italiani era Santos nello Stato di San Paolo, dove venivano radunati nel “Hospedaria dos Imigrantes em São Paulo”. Con l’inaugurazione della ferrovia tra San Paolo e Campinas molti immigranti venivano portati all’ospedale di Campinas dove attendevano di essere contrattati dalle varie fazendas delle regioni vicine generando le future colonie di immigranti. In quell’epoca a San Paolo era esplosa la coltivazione del caffè, della canna da zucchero e con l’espansione della ferrovia divenne quindi la principale meta di emigrazione che si distribuì nello stato di San Paolo per raggiungere poi le mete finali nelle fazendas.
Mococa ai primi del 900, vantava una estensione urbana considerevole di 2.100 chilometri quadrati, destinati alla coltivazione del caffè, nonché una popolazione stimabile di 40 mila abitanti. L' illuminazione pubblica così come l'acqua e la rete fognaria coprivano buona Parte del Comune. La borghesia rurale e quella degli immigrati, soprattutto Italiani, permetteva investimenti nel settore industriale ben diversificati come: fabbriche di pasta, cappelli, calzature, manufatti di cuoio, ghiaccio, fusione di ferro e bronzo e macchine per l'aratura. Il Comune era anche gestito da 150 moderne fattorie appartenenti alla borghesia rurale.

Sabbioneta Breda Cisoni negli anni 70 Aratura nel 1880 Nave Duca di Galliera San Paolo nel 1890 La Stazione di Itaiquara nel 1910 Mococa nel 1920

Famiglia
Attolini

• Albero Famiglia Attolini


Dedico questa ricerca a Aldo Attolini, che insieme a sua moglie Libera Nodari, sorella di mio nonno Guido, sono stati fonte di conoscenza, aneddoti e ispirazione per le mie ricerche sulla famiglia Nodari. Parlavo spesso con lo zio Aldo, parlavamo di tutto, il lavoro soprattutto perché era ciò per cui Lui viveva e mi ha trasmesso tante esperienze che riconosco, oggi, essere state formative per la mia professione. Parlavamo anche del suo passato, della amicizia tra suo Padre e il mio bisnonno Arturo, amicizia grazie alla quale hanno anche intrapreso avventure societarie, come la creazione nel 1921 della distilleria BAN insieme ad un loro amico Boschetti (fonte). Aldo si chiudeva un poco in sé stesso, solo quando chiedevo della sua storia famigliare, soprattutto di sua mamma. Non ho mai capito il perché, fino a quando qualche mese fa, Giuseppe, suo figlio, mi ha dato un libro contenente la ricerca genealogica che Aldo aveva commissionato tanti anni prima ad un professionista. Questa ricerca fondamentalmente non aveva aggiunto alcuna informazione che andasse al di là del matrimonio tra i genitori di Aldo. Allora capii che lo zio era interessato a scoprire le sue radici e, per questo motivo, ho deciso di iniziare in sua memoria, la mia ricerca sulla famiglia Attolini. Come da mia consuetudine, partirò dalle informazioni più remote che ho trovato, per poi arrivare a Amelia Fiorio, mamma dello zio Aldo.

Ponteterra di Sabbioneta 1750 ca
• Pietro Attolini (1770 – prima del 1828)

Pietro Attolini nativo di Ponteterra di professione Gastaldo è citato nell’atto di matrimonio del figlio Luigi. Il termine Gastaldo, indicava l'amministratore di una grossa azienda agricola. La moglie di Pietro era Maddalena Provini originaria di Commessaggio professione filatrice ed in alcuni atti Gastalda. Possiamo presumere che nel 1790 circa, Pietro amministrasse i beni di una importante tenuta agricola nella zona di Sabbioneta. Ebbero almeno 6 figli: Maria morta a soli 17 anni a Quattro Ville (Virigilio), Giuseppe, Teodora, Luigi (progenitore di Aldo) e le gemelline Rosa e Maria Paola.

Canicossa 1798 ca

Il certificato di morte di Maria Attolini, figlia di Pietro, morta a 17 anni, riporta come località di nascita Canicossa. Possiamo presumere tutta la famiglia abitasse in questo paese prima di trasferirsi a Sarginesco.

Sarginesco di Castellucchio 1800 ca
• Luigi Attolini (1808 –1893))

Pietro e Maddalena, agli inizi del 1800 si trasferirono a Sarginesco di Castellucchio. Negli atti di nascita e morte delle Gemelline, Pietro Attolini risulta domiciliato presso la Corte del Podestà di Castellucchio Giuseppe Madella, dove ne amministrava i beni. Non ho riferimenti precisi sulla morte di Pietro, ma al matrimonio della figlia Teodora nel 1828 era già morto, mentre la madre Maddalena risultava viva al matrimonio di Teodora ma morta a quello di Luigi; quindi, la sua morte è avvenuta tra il 1828 e il 1848.
Luigi nasce a Cavecchia di Sarginesco, si sposa in prime nozze con Francesca Mortari. Rimasto vedovo, si sposa nuovamente nel 1848 con Cecilia Lonardi nata Castellucchio nel 1813.

Olmazzo di Borgo Virgilio 1815 ca
† Pietro Attolini (muore prima del 1828)

Il certificato di morte di Maria Attolini, figlia di Pietro, morta a 17 anni, riporta come domicilio per la famiglia la frazione Olmazzo a Quattroville, l'attuale Borgo Virgilio.

Rodigo 1840 ca
• Quirino Attolini (1850 –1937)
• Giovanni Luigi Attolini (1884 –1965)

Quando Luigi e Cecilia si sposano nel 1848, Luigi risulta domiciliato a Rodigo, dove nasce Quirino il 20 Ottobre 1850. Nell’atto di matrimonio è definito Possidente così come suo padre Luigi. Il figlio Quirino si sposa con una ragazza di Volta Mantovana, Rosa Franceschetti, il 23 Gennaio 1875. Hanno almeno 4 figli, 3 nati a Rodigo: Matilde, Clotilde in via Cantarane 2, Giovanni Luigi. Umberto, nato a Gazoldo nel 1886.

Gazoldo degli Ippoliti 1886 ca
† Luigi Attolini (muore nel 1893)
† Quirino Attolini (muore nel 1937)
† Giovanni Luigi Attolini (muore nel 1965)
•† Aldo Attolini (1912 - 1998)
•† Enzo Attolini (1915 - 1974)
• dato privato (1937 - )
•† Giovanni Nani Attolini (1944 - 2013)

Luigi e Cecilia muoiono a Gazoldo, nel 1893 Luigi e sua moglie Cecilia nel 1888. Quirino e Rosa muoiono rispettivamente nel 1937 e nel 1922. Il figlio di Quirino, Giovanni Luigi Attolini, papà di Aldo, si sposa a Marmirolo con Amelia Fiorio.
Amelia Fiorio nasce il 26 Agosto 1889 col cognome Narseti, da padre ignoto e da madre che non vuole essere nominata. Viene presentata all’Anagrafe dalla levatrice. Dopo 2 anni, il 13 Settembre 1891 viene riconosciuta, come figlia naturale, dalla madre Angela Fiorio che le diede il cognome. Nata a Verona in Piazzetta Castelvecchio al numero 10, viene poi portata dalla Levatrice all’Ospizio degli Esposti di Verona. Questo è il motivo per cui, la ricerca genealogica commissionata dallo zio Aldo si arenò ben presto. Angela mamma di Amelia aveva un fratello e due sorelle: Carino, Regina e Ida, i suoi genitori erano Angelo e Maria de Angeli, provenivano da San Pietro in Valle (Verona) e Nogara per poi trasferirsi a Marmirolo, dove Amelia viveva quando sì sposò con Giovanni Luigi. Non ho trovato alcun indizio o traccia del padre naturale di Amelia.
L’attività di Giovanni Luigi, all’epoca del matrimonio con Amelia è negoziante, nei documenti della camera di commercio del 1914 risulta come Pizzicagnolo, nello stesso anno lo ritroviamo impegnato per Gazoldo nel consiglio comunale, così come nel 1923. Amelia e Giovanni Luigi ebbero due figli, Aldo nato il 30 Maggio 1912 e Enzo il 22 Dicembre 1915. Purtroppo, nel 1918 a soli 29 anni Amelia muore lasciando Luigi con due bimbi piccoli. Dopo 5 anni, nel 1923 Luigi si risposò con Tisbe Carretta di Castelbelforte e nacque Rosa (Rosetta) nel 1925. Tisbe di fatto allevò Aldo e Enzo come suoi figli e Aldo ne aveva un ricordo dolcissimo. Non ho mai conosciuto Enzo, ma i due fratelli continuarono l’attività del padre nel commercio al dettaglio dei prodotti alimentari, fino a diventare grossisti di grande importanza. Aldo si sposò a Gennaio 1937 con Libera Nodari, mia zia, che ricordo con grande affetto, solare, dolcissima e sempre disponibile. A dicembre nacque il loro unico figlio Giuseppe. Aldo nel 1967 diventò Cavaliere dell'Ordine della Repubblica Italiana, era sempre molto attivo nella vita politica, culturale e sociale di Gazoldo e anche in quella associativa contribuendo fattivamente alla associazione dei negozi alimentari VéGé. Enzo si sposò con Vittorina Galavotti ed ebbero due figli Giovanni ed Amelia. Enzo muore nel 1974, suo figlio Giovanni detto Nani insieme allo zio Aldo continuò l’attività del commercio all’ingrosso di Alimentari. Grazie a Nani, l'attività commerciale si sviluppo con l'apertura di un Cash & Carry che venne poi promosso in città a Mantova, precorrendo nei tempi le moderne strutture distributive del settore alimentare. Grazie all'esperienza acquisita Giovanni viene richiesto dalla Distribuzione Organizzata Moderna e si cura dell'organizzazione e apertura dei nuovi punti vendita. Nel 1996 muore Libera Nodari, nel 1998 muore Aldo e nel 2013 a soli 68 anni muore anche Giovanni lasciando due figlie.




Nell'ordinamento medievale, il gastaldato o gastaldia era una circoscrizione amministrativa governata da un funzionario della corte regia, il gastaldo o castaldo, delegato ad operare in ambito civile, militare e giudiziario (gastaldi venivano designati sia gli amministratori regi o ducali sia personalità che esercitavano la sovranità sul territorio del Gastaldato). In tempi più recenti, il termine gastaldia passò a designare una grossa azienda agricola; il gastaldo era colui che la amministrava.




Ponteterra è una frazione del comune di Sabbioneta, in provincia di Mantova, nella diocesi di Cremona. Ha una propria parrocchia, la cui chiesa è sotto l'invocazione di S. Girolamo ed è stata eretta dal vescovo Alessandro Litta nel 1744 circa, quindi coeva a Pietro Attolini. Giace a cavallo di un canale che prende il nome di Naviglio ed un antico ponte di terra da il nome al villaggio.

Canicossa è una frazione del comune di Marcaria, in provincia di Mantova. Antico borgo risalente al XIII secolo, al centro di proprietà feudali sorge a ridosso del fiume Oglio.

Sarginesco è una frazione di Castellucchio ma dista solo 4 km da Rodigo. Non è ancora ben chiara l’origine del toponimo di Sarginesco: forse deriva da trasformazioni dialettali tipo Sarcenicco o anche da San Zinesco o addirittura San Ginesio, il quale è da tempo immemorabile il protettore di Sarginesco. Secondo la Guida statistica della citta e provincia di Mantova del 1855, Sarginesco contava 1200 anime.

Olmazzo era una delle 4 frazioni di Virgilio che prima si chiamava appunto Quattroville, ossia le frazioni Cerese, Pietole, Bellaguarda e Olmazzo.

L'origine di Rodigo si situa nel secolo XI, tra il 1050 e il 1100. Il comune entrò a far parte dell'impero austriaco. In seguito a rovinose battaglie passò, quindi, ai francesi (1796) per poi tornare all'Austria nel 1814. Nel 1859 Rodigo passò all'Italia, annesso alla provincia di Cremona, pur restando a far parte della diocesi di Mantova. Soltanto nel 1866 si riunì definitivamente a Mantova italiana.

Nel 1866 la guerra tocca Gazoldo, che fu testimone di uno scontro tra uno squadrone di Lancieri Foggia ed uno di Ussari del Wurtemberg, lo scontro, avvenuto in pieno centro abitato si risolse con la vittoria dei cavalleggeri italiani e può considerarsi un contributo dato dalla cavalleria italiana all’annessione di Mantova e del Veneto all’Italia. Dopo l’unità il paese continuò la sua attività basata prevalentemente sull’agricoltura, furono apportate migliorie all’abitato con la creazione di una nuova piazza e di un nuovo cimitero. Particolare attenzione fu posta all’istruzione con l’ammodernamento delle scuole. Gazoldo diede ancora il suo contributo di vite nella guerra 1915 – 1918 e rivive nelle carte del Comune anche questo periodo di sacrifici, per ricordare i caduti gazoldesi fu proposta l’erezione di un asilo per l’infanzia ad essi dedicato con il contributo dell’intera popolazione. Nel 1925 fu lo stesso re Vittorio Emanuele III ad inaugurare il monumento ai caduti eretto sulla piazza del paese e a visitare l’Istituto Orfani di guerra.


Il Gruppo VéGé nasce nel 1959 come Unione Volontaria e prima organizzazione italiana a utilizzare una forma di associazionismo basato sull’integrazione tra ingrosso e dettaglio. La formula innovativa proposta dal Gruppo rafforza fin da subito la connotazione dei punti vendita al dettaglio associati, riunendoli sotto una comune insegna, sviluppando così una politica di Gruppo rivoluzionaria.








Aldo Attolini e Libera Nodari Ponteterra Sarginesco Rodigo Piazza Ippolito Nievo Gazoldo la Stazione Gazoldo Via XX Settembre Gazoldo Istituto Orfani

Famiglia
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prima cella. La storia di questa famiglia è stata ispirata dal nonno che mi ha incuriosito con la sua reazione alle mie domande seconda cella
terza cella quarta cella

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Album Fotografici
e Racconti

Vi presentiamo alcune raccolte di immagini e racconti, che speriamo possano tenere vivo il ricordo di chi ci ha preceduto, nella memoria di chi seguirà.

• Cantine Nodari 1915 - 1987

• Album di Nozze Vera Arturo 1959

• Fotografie Famiglia Avanzi

• Album di Nozze Caimmi Lombardi

• Una scritta misteriosa, un racconto di Giorgio La Marca

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Album fotografico